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La Cassazione sulla responsabilità personale e solidale del legale rappresentante dell’ASD


La Corte di Cassazione — con ordinanza n. 6626/2022— ha statuito che la responsabilità personale e solidale del legale rappresentante dell’ASD sussiste qualora sia valutato l’effettivo svolgimento dell’attività negoziale da parte di quest’ultimo, non essendo, pertanto, sufficiente attribuire rilevanza alla mera titolarità della carica. Inoltre, la Suprema Corte, con l’ordinanza in parola, ha confermato la validità della motivazione per relationem alla sentenza di primo grado da parte dei giudici di secondo grado qualora quest’ultimi svolgano un’autonoma valutazione dei motivi di appello e delle prove; in caso contrario, secondo il consolidato orientamento della Cassazione, la sentenza dei giudici di seconde cure è da ritenersi nulla per difetto assoluto di motivazione o per motivazione apparente.


La vicenda processuale trae origine dall’emissione — da parte dell’Agenzia delle Entrate — di distinti avvisi di accertamento ai fini IRES, IVA ed IRAP nei confronti di una associazione sportiva dilettantistica (c.d. “capofila”) e di altre 9 associazioni sportive ad essa collegate e di coloro che avevano agito in nome e per conto delle associazioni stesse. L’ASD “capofila” avrebbe ideato, secondo quanto emerso dai verbali di constatazione, un quadro evasivo per dichiarare solo in parte i propri ricavi attraverso la creazione di associazioni sportive “collegate” considerate interposte nelle emissioni di fatture, in particolare modo nei rapporti tra associazione e sponsor. Pertanto, tutte le associazioni in questione avrebbero beneficiato illegittimamente delle agevolazioni fiscali della legge n. 398/1991.

L’ASD “capofila”, congiuntamente con le “collegate”, presentava ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Regionale competente. La CTR ha rigettato il ricorso, ritenendo, con una motivazione per relationem rispetto alla decisione di primo grado, che quest’ultima fosse “totalmente condivisibile”, assumendo, dunque, come provato il quadro elusivo dell’operazione.


Viene poi proposto ricorso per Cassazione; ove, l’ASD “capofila” lamentava che i giudici di merito non avessero valutato:

  1. L’illegittimo rinvio dell’avviso di accertamento alle risultanze dei processi verbali di constatazione emessi nei confronti delle ASD “collegate” non riprodotte o allegate allo stesso atto impugnato;

  2. La duplicazione dell’IVA ritenuta evasa dalle altre associazioni alle quali era stato comunque addebitato l'omesso versamento della stessa imposta;

  3. L’addebito dei ricavi realizzati dalle altre associazioni senza riconoscere la deducibilità dei costi sostenuti;

  4. La violazione e falsa applicazione dell’art. 38 c.c. nella parte in cui i giudici di secondo grado confermavano la responsabilità solidale del legale rappresentante dell’ASD per le obbligazioni tributarie dell’associazione stessa, pur in assenza di un’effettiva attività negoziale da parte dello stesso legale rappresentante.

La Corte di Cassazione, come si è in precedenza accennato, ha accolto il ricorso dell’ASD e cassato la sentenza di primo grado. Secondo la Suprema Corte, la CTR si è limitata a recepire, passivamente, la decisione di primo grado, omettendo di trascrivere ed esaminare i “… passi motivazionali attraverso il filtro delle censure” rendendo, pertanto, oscure le regioni della decisione. Per tale ragione, la sentenza di appello motivata per relationem alla sentenza di primo grado è da ritenersi nulla qualora “… la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d'appello sia pervenuto attraverso l'esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello” (ex plurimis sent. n. 20883/2019). In aggiunta, la Suprema Corte, ha ritenuto viziata la sentenza della CTR per violazione e falsa applicazione dell’art. 38 del c.c.; ciò in quanto è stata erroneamente riconosciuta la responsabilità personale e solidale del legale rappresentante dell’ASD in virtù della mera titolarità della rappresentanza dell’associazione stessa e non è stato, invece, accertato quale ruolo egli abbia rivestito all’interno dell’Associazione madre e se e in che misura abbia egli partecipato ad operazioni di gestione in nome e per conto dell’Associazione sportiva dilettantistica”. Pertanto, la responsabilità in questione sussiste, a parere degli Ermellini, qualora vi sia una “attività negoziale concretamente svolta per suo conto e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori tra l’ente e i terzi”.


Per consultare l'ordinanza integrale CLICCA QUI.


Dott. Mario Piroli


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