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Diritto di accesso e ordinamento sportivo: verso un affievolimento della pregiudiziale sportiva?

La nota vicenda plusvalenze che sta investendo la Juventus è balzata al centro dell’attenzione, oltre che del mondo sportivo, anche del mondo giuridico; a tal proposito, è bene sottolineare come il diritto sportivo rappresenti un vero e proprio fenomeno d’interesse generale, dotato di un ordinamento giuridico proprio. Tale ordinamento è riconosciuto ed autonomo rispetto a quello statale e si dota — oltre che di una plurisoggettività e di una capacità normativa propria — di un sistema di giustizia interna, la c.d. Giustizia Sportiva.
Fatta tale premessa, obiettivo del presente approfondimento è quello di soffermarsi sulla recente sentenza del TAR Lazio — n. 03693/2023 pubblicata il 6 marzo 2023 —, interrogandosi se si stia giungendo ad un affievolimento della pregiudiziale sportiva prevista dalla Legge n. 280/2003 oppure se stiano emergendo delle lacune interne all’ordinamento sportivo, su cui l’ordinamento statale è tenuto ad intervenire. Si rimembra che col termine “pregiudiziale sportiva” si fa riferimento alla condizione di procedibilità del ricorso giurisdizionale amministrativo; l’art. 3, comma 1, della ut supra citata Legge statuisce infatti che solo dopo aver esaurito i gradi della giustizia sportiva è possibile adire il giudice amministrativo per controversie aventi ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservate agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo.
Ciò detto, la vicenda processuale trae la sua origine dalla ormai celebre nota della Procura Federale FIGC n. 10940 del 14 aprile 2021 — ribattezzata, in un gergo puramente giornalistico, “carta Covisoc” — che era stata richiesta in visione dai legali della Juventus. Visione che era stata negata, in quanto la controparte sosteneva che si trattasse di un atto pre-procedimentale e dunque al di fuori del procedimento in corso (caso plusvalenze, ndr). Di conseguenza, la Juventus ha adito il TAR Lazio con ricorso per accesso agli atti, richiedendo che tale nota fosse resa ostensibile.
In via preliminare, occorre evidenziare come la sentenza in commento sia assolutamente “rivoluzionaria”, in quanto da un lato ha operato uno squarcio sulla pregiudiziale sportiva e, di conseguenza, ha ridotto l’autonomia dell’ordinamento sportivo e del suo sistema; dall’altro lato ha sottolineato come non esistendo una tutela specifica, all’interno dell’ordinamento sportivo, per il diritto di accesso, deve giungere in soccorso ed in sostituzione l’ordinamento statale ed in particolare, nella fattispecie de qua, il giudice amministrativo, avendo quest’ultimo una competenza esclusiva ex lege.
Addentrandosi nel merito della sentenza, i giudici del TAR Lazio — nell’accogliere il ricorso della Juventus — hanno, anzitutto, rilevato che la Co.Vi.So.C. è una struttura tecnica di supporto alla FIGC ed ha, tra le altre, una funzione di controllo in relazione alla regolarità dei bilanci delle società calcistiche. Trattandosi di controlli strumentali al rispetto del regolare svolgimento delle competizioni, è evidente che entrino in gioco — si legge nella sentenza — “… finalità di natura pubblica, con la conseguente applicabilità, in linea di principio, della normativa sull’accesso. E’ del tutto evidente, infatti, la rilevanza pubblica generale della materia contabile e di bilancio, sotto il profilo del diritto societario e tributario. Ma anche i profili relativi alla regolarità dei campionati, che attengono sia al regolare funzionamento degli stessi sia alla salvaguardia della par condicio tra i partecipanti, sono rilevanti per l’ordinamento statale, che prevede al riguardo una tutela giurisdizionale piena affidata alla giurisdizione amministrativa”.
Chiarito l’inquadramento della Co.Vi.So.C. quale soggetto rientrante tra quelli sottoposti alle norme in materia di accesso ai documenti, è necessario interrogarsi sulla natura dell’atto oggetto della controversia, ovverosia sia se tale atto sia qualificabile come documento ai sensi della disciplina dettata dalla Legge n. 241/1990 oppure se, come sostenuto da parte resistente, si tratti di un atto pre-procedimentale. Ad avviso del TAR Lazio, l’atto in questione ha natura di documento amministrativo, potendo rientrare in tale nozione, anche gli atti detenuti dall’Amministrazione nella loro materialità che identificano statuizioni, accertamenti, intendimenti, parere, volizioni e valutazioni degli organi pubblici.
Venendo ora ad uno degli aspetti più interessanti della sentenza in commento, ossia lo squarcio operato sulla pregiudiziale sportiva, i giudici del TAR Lazio hanno sottolineato che il definitivo esaurimento di tutti i gradi della giustizia sportiva, dovrebbe presupporre una puntuale disciplina dell’azione esercitata nell’ambito dell’ordinamento sportivo. Un siffatto presupposto, tuttavia, deve dirsi assente nel caso dell’azione di accesso difensivo, come si ricava dalla decisione n. 74/2017 del Collegio di Garanzia dello Sport, la quale proprio a partire da questo presupposto ha affermato che “… consentire un accesso funzionale all’attività sportiva consentirebbe all’associato che abbia un interesse diretto, concreto e attuale di interloquire con gli apparati di governo dello sport, a tutela del proprio interesse, prima che sia adottata la decisione finale. A tali fini, a giudizio del Collegio, andrebbe ripensata anche la disciplina giustiziale sportiva. Tale particolare giudizio, al pari di quanto accade dinnanzi ai Tribunali Amministrativi, potrebbe essere istaurato dinnanzi ai Tribunali federali, dotandoli di competenza specifica in merito all’accertamento del diritto di un tesserato o affiliato ad ottenere dei documenti richiesti avverso il diniego di ostensione documentale, attesa la loro cognizione estesa al merito delle controversie che si ingenerano nell’ambito dell’ordinamento sportivo, ciò anche in considerazione della incompetenza del Collegio di Garanzia per le suesposte ragioni”. Dunque — si legge nella sentenza — “… la mancanza di una puntuale disciplina di tutela dell’accesso nell’ordinamento sportivo è un dato decisivo”. Quanto emerge da tale postulato è certamente un’interferenza tra ordinamento statale ed ordinamento sportivo, con la diretta conseguenza di un indebolimento della pregiudiziale sportiva, giustificato, secondo il TAR Lazio, da un bilanciamento degli interessi in gioco e dal preminente e primario rispetto dei diritti costituzionalmente garantiti di cui all’art. 24 e all’art. 111 della Costituzione.
La “partita” è, tuttavia, tutt’altro che conclusa. La FIGC ha, infatti, impugnato la sentenza in commento dinanzi al Consiglio di Stato, richiedendo la sospensiva in via cautelare; richiesta che è stata rigettata dai giudici di Palazzo Spada, non avendo ravvisato un danno definibile come catastrofico per la parte deducente. La trattazione della causa è prevista per il 23 marzo 2023 ed in ogni caso il Consiglio di Stato statuirà interferendo ancora una volta con il processo sportivo in corso e pendente dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport, il quale non potrà non tenere conto degli orientamenti che emergeranno in sede di giustizia amministrativa ordinaria.
Concludendo, il Presidente della FIGC, Gabriele Gravina, intervenendo come relatore ad un corso di diritto sportivo alla LUISS Guido Carli dal nome “Il Giurista in campo”, docente l’avv. Guglielmo Stendardo (tra l’altro ex calciatore di Serie A), ha stigmatizzato la netta invasione di giurisdizione da parte del TAR Lazio e del plesso amministrativo in genere. E’ doveroso sottolineare, infatti, come quanto emerso dalla sentenza oggetto del presente approfondimento sia in contrasto con quanto statuito dalla Corte Federale d’Appello della FIGC nella decisione n. 97 del 29 luglio 2020. In tale decisione, infatti, viene riconosciuto espressamente il diritto di accesso come immanente anche al diritto sportivo, trattandosi di un diritto insopprimibilmente connesso al diritto di difesa. A tal proposito si richiamano alcuni passaggi della decisione della Corte: “… la declinazione del diritto di accesso nell’ordinamento sportivo è obiettivamente refrattaria, in assenza di una sua puntuale articolazione normativa, ai paradigmi dell’accesso nell’ordinamento generale, ma vive di propria autoconsistenza, perché legata alla sua natura di diritto fondamentale, strumentale all’esercizio di diritti almeno di pari rango (nel caso di specie quelli di difesa) … In conclusione il collegio ritiene che il diritto di accesso alla informazione detenuta dagli apparati di governo o di decisione delle organizzazioni sportive in ambito federale - tutte le volte che esse non attivino facoltà prettamente negoziali o squisitamente privatistiche che implichino la definizione di un assetto di interessi basato sul consenso o sull’accordo di volontà, ma agiscano in virtù di competenze statutariamente attribuite dirette all’esercizio di poteri autoritativi in grado di incidere unilateralmente su situazioni giuridicamente rilevanti per gli associati - costituisca una situazione giuridica soggettiva riconosciuta dall’ordinamento sportivo perché legata e strumentale all’esercizio di diritti fondamentali costituzionalmente tutelati anche nell’ordinamento di settore”. Ed ancora: “E ciò indipendentemente dalla natura pubblica o privata del soggetto destinatario della pretesa (che rileverebbe solo nel diverso prisma dell’ordinamento a fini generali) e, nei casi in cui l’ordinamento sportivo preveda espressi obblighi di pubblicità, indipendentemente dalla qualificazione dell’interesse sotteso alla richiesta, con i limiti naturali della manifesta infondatezza della pretesa, del superamento del test di proporzionalità (come principio generale di adeguatezza e non eccedenza), del rispetto delle norme imperative sul trattamento dei dati personali. Come situazione giuridica soggettiva che appartiene al decalogo di diritti la cui mera enunciazione, se si conviene sulla sua matrice di derivazione da fonte super-primaria, costituirebbe una inutile superfetazione declaratoria, essa appare tutelabile di fronte agli organi di giustizia sportiva, in base alla piena giustiziabilità di pretese la cui cognizione non può essere sottratta all’esercizio dell’autodichia”.
Pertanto, se ciò risponde al vero cadrebbe il presupposto in base al quale il TAR Lazio si è sentito legittimato ad agire in sostituzione dell’ordinamento sportivo, atteso che anche in quest’ultimo ordinamento il diritto di accesso è presente ed immanente allo stesso ordinamento sportivo. Il Presidente Gravina ha infatti sostenuto la rilevanza, centralità ed indefettibilità della pregiudiziale sportiva quale salvaguardia dell’autonomia di sistema concessa ex lege all’ordinamento sportivo stesso e che avrebbe subito un forte attacco proprio a causa della sentenza TAR Lazio in esame.
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Avv. Michela Montanari | Dott. Mario Piroli
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