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Il giudice amministrativo è incompetente sulla valutazione di condotte disciplinari sportive

La quinta sezione del Consiglio di Stato — con sentenza n. 7875 del 21 agosto 2023 — si è pronunciata sul ricorso proposto dalla Juventus F.C. avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. I, 28 ottobre 2022, n. 13943, che – dopo averli riuniti – ha dichiarato inammissibili, per difetto assoluto di giurisdizione, i ricorsi R.G. n. 8897/2019 e n. 1867/2020.
Nei suddetti ricorsi, la Juventus F.C. impugnava le decisioni del Collegio di Garanzia dello Sport n. 39/2019 e n. 1/2020, le quali avevano per oggetto la richiesta rivolta alla FIGC di revocare in autotutela l’assegnazione del titolo di campione d’Italia per la stagione 2005/2006 alla F.C. Internazionale Milano; richiesta motivata sulla scorta degli illeciti sportivi imputabili alla società milanese. In sostanza, l’esercizio del potere di autotutela veniva sollecitato per ragioni attinenti alla violazione dei precetti dell’ordinamento sportivo alle quali sono ricollegate sanzioni (sportive) di carattere meramente disciplinare.
Nel contesto supra esposto, i giudici di Palazzo Spada hanno confermato i rilievi operati dal giudice di prime cure, in quanto trova applicazione la norma di cui all’art. 2, D.L. 19 agosto 2003, n. 220, convertito, con modificazioni, L. 17 ottobre 2003, n. 280 (Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva), secondo cui “è riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive; […]”.
Sul punto, le SS.UU. della Corte di Cassazione, con un orientamento ormai consolidato, hanno da tempo posto in rilievo come le norme di cui agli articoli 1 e 2 del decreto-legge citato assicurano l'autonomia dell'ordinamento sportivo, in conformità ai principi costituzionali, e garantiscono la tutela giurisdizionale solo a quelle posizioni giuridiche soggettive che, pur legate con l'ordinamento sportivo, siano rilevanti per l'ordinamento statale in quanto si configurino quali situazioni giuridiche di diritto soggettivo o di interesse legittimo; in particolare, l'art. 2 cit. riserva all'ordinamento sportivo l'osservanza delle disposizioni regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni, nonché le condotte di rilievo disciplinare e l'irrogazione e applicazione delle relative sanzioni sportive, trattandosi del c.d. "vincolo sportivo", in base al quale le società, le associazioni, gli affiliati e i tesserati hanno l'onere di adire, secondo statuti e regolamenti del C.O.N.I. e delle federazioni, gli organismi di giustizia dell'ordinamento settoriale (cfr. Cass., SS.UU. civili, n. 33526 del 1018, SS.UU. civili, n. 4850 del 2021).
E’ noto — si legge nella sentenza — “che l’art. 2 del decreto-legge n. 220 del 2003, nella parte in cui riserva al solo giudice sportivo la competenza a decidere le controversie aventi ad oggetto l’applicazione di sanzioni disciplinari inflitte ad atleti, tesserati, associazioni e società sportive, escludendo, in particolare, la tutela in forma specifica costituita – davanti al giudice amministrativo – dall’annullamento dell’atto, ha superato il vaglio di costituzionalità sull’assunto che «qualora la situazione soggettiva abbia consistenza tale da assumere nell’ordinamento statale la configurazione di diritto soggettivo o di interesse legittimo [...] è riconosciuta la tutela risarcitoria. In tali fattispecie deve, quindi, ritenersi che la esplicita esclusione della diretta giurisdizione sugli atti attraverso i quali sono state irrogate le sanzioni disciplinari – posta a tutela dell’autonomia dell’ordinamento sportivo – non consente che sia altresì esclusa la possibilità, per chi lamenti la lesione di una situazione soggettiva giuridicamente rilevante, di agire in giudizio per ottenere il conseguente risarcimento del danno» (Corte costituzionale, n. 49 del 2011, punto 4.5. del diritto)”.
Il Consiglio di Stato, nel respingere l’appello, conclude statuendo che nel caso de quo, la società Juventus F.C. contesta non direttamente l’atto di applicazione di sanzioni disciplinari sportive, ma l’omesso esercizio, ritenuto illegittimo, del potere di riesame del provvedimento di primo grado con il quale era stato assegnato (illegittimamente, in tesi) il titolo di Campioni d’Italia per il campionato 2005/2006. La controversia, infatti, posto che la rimozione dell’atto illegittimo ha come fondamento la valutazione di condotte rilevanti sotto il profilo disciplinare sportivo e l’applicazione, quale conseguente sanzione, della revoca del titolo, è chiaramente incentrata su questioni sottratte alla giurisdizione statale e riservate (quantomeno per la tutela di annullamento) agli organi di giustizia sportiva.
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Dott. Mario Piroli
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