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L'ambush marketing nella sport industry

Aggiornamento: 13 nov 2020


Ambush marketing: inquadramento generale - Il termine ambush marketing (traducibile con marketing da imboscata) fu coniato per la prima volta da J. Welsh negli anni ’80, definendo tale pratica di marketing come qualunque iniziativa o strategia commerciale e/o pubblicitaria che si concretizzi in un agganciamento parassitario ed abusivo di un marchio, prodotto o impresa ad un evento di grande rilevanza mediatica, senza un reale accordo e consenso degli organizzatori dell’evento. Sulla base di vari studi specialistici di settore, si può affermare che l’ambush marketing si articola in tre diverse tipologie: - Predatory ambushing: lo si ha quando una determinata impresa si presenta ingannevolmente al pubblico come sponsor ufficiale di un evento o di una competizione, senza alcun tipo di accordo; - Coat - Tail ambushing: si realizza mediante strategie attraverso le quali un’impresa associa il proprio marchio o prodotto ad un evento, pur non essendo uno sponsor dell’evento; - Insurgent ambushing: consiste in iniziative di marketing o addirittura irruzioni inaspettate durante lo svolgimento dell’evento sportivo, con la finalità di generare attenzione sul marchio dell’impresa (un episodio sicuramente molto noto di tale pratica fu quello dell’invasione di campo durante la finale di Champions League del 2019 da parte della modella Kinsey Wolanski, che, generò un grandissimo impatto pubblicitario indossando un costume con la scritta del proprio sito web).


L’ambush marketing nello sport - Il mondo dello sport, essendo caratterizzato da grandi eventi e competizioni - si pensi ad esempio ad una finale di Champions League o ai Giochi Olimpici - è sicuramente il settore più colpito dal fenomeno dell’ambush marketing. La FIFA, ha definito tale fenomeno come l’insieme di “prohibited marketing activities which try to take advantage of the huge interest and high profile of an event by creating a commercial association and/or seeking promotional exposure without the authorization of the event organizer”.


Il CIO, invece, ne ha dato una definizione ancor più precisa, affermando che il fenomeno dell’ambush marketing include “all intentional and unintentional attempts to create a false or unauthorised commercial association with the Olympic Movement or the Olympic Games”, creando anche una lista delle attività di marketing rientranti nella pratica dell’ambush marketing: “a) a non-partner company's use of creative means to generate a false association with the Olympics Games; b) a non-partner company's infringement of the various laws that protect the use of Olympic imagery and indicia, and c) a non partner company's activities that intentionally or unintentionally interfere with the legitimate marketing activities of Olympic partners”. Sulla base di ciò, il CIO, ma anche le stesse Federazioni sportive o in linea generale, qualsiasi organizzatore di un evento o manifestazione sportiva, ha voluto tutelare quelli che sono gli sponsor ufficiali di un evento o manifestazione sportiva, quest’ultimi infatti, investono grandi somme di denaro per stipulare dei contratti di sponsorizzazione ed un’iniziativa di ambush marketing (da parte di un’impresa concorrente ad esempio) non fa che danneggiarli. Ma quali forme di tutela ci sono quindi per limitare iniziative di ambush markting? La risposta a tale domanda, risulta essere non semplice, sicuramente però, a parere di chi scrive, una forte forma di tutela sono quegli interventi legislativi ad hoc, incentivati dagli enti organizzatori degli eventi sportivi. Si pensi infatti che in Italia, in prossimità delle Olimpiadi Invernali di Torino del 2006, fu promulgata la Legge n. 167 del 2005, dove all’articolo 2, comma secondo, si vietava di “pubblicizzare, detenere per farne commercio, porre in vendita e mettere altrimenti in circolazione prodotti o servizi, utilizzando segni distintivi di qualsiasi genere, atti ad indurre in inganno il consumatore sull'esistenza di una licenza, autorizzazione o altra forma di associazione tra il prodotto ed il CIO e/o Giochi Olimpici” e si vietata inoltre di “intraprendere attività di commercializzazione parassitaria («ambush marketing») intese quali attività parallele a quelle esercitate da enti economici o non economici, autorizzate dai soggetti organizzatori dell'evento sportivo, al fine di ricavarne un profitto economico”. Al successivo articolo 3 della sopra citata Legge, si prevedevano anche delle sanzioni, variabili da 1.000 a 100.000 euro.


Il caso Topps Europe/Panini - Il Tribunale di Milano, con una sentenza del 30 luglio 2010, ha sancito l’illegittimità dell’attività commerciale posta in essere dalla società Topps Europe, la quale, in prossimità dei mondiali di calcio del 2010, aveva lanciato sul mercato una serie di cards raffiguranti calciatori che avrebbero preso parte alla competizione. Tale attività commerciale si pose in concorrenza con l’attività svolta dalla società Panini, che nella fattispecie in esame, aveva stipulato un accordo con la FIFA (ente organizzatore dell’evento) ottenendo la licenza per la distribuzione di prodotti pressoché identici a quelli distribuiti dalla Topps Europe. Nel caso in questione, seppur le cards prodotte dalla Topps Europe non contenevano il logo FIFA e non raffiguravano i calciatori con le divise ufficiali delle nazionali, il Tribunale di Milano riscontrò i presupposti per l’aggancio parassitario, condannando la società Topps Europe. La decisione si basò sul fatto che le modalità di lancio del prodotto della Topps Europe, ma soprattutto le tempistiche, proprio in prossimità dell’evento, costituivano un inequivoco riferimento allo stesso, concorrendo così ad attaccare illecitamente la posizione esclusiva ottenuta dalla Panini tramite regolare accordo stipulato con la FIFA.


Dott. Mario Piroli


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