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Sport da contatto: il colpo irregolare non costituisce di per sé illecito civile


Negli sport caratterizzati dal contatto fisico violento, per i quali è da ritenersi più elevata la soglia di tolleranza della durezza dello scontro fra gli atleti, non scatta di per sé il risarcimento del danno neppure per gli infortuni occorsi in allenamento, a meno di non provare che l’azione da cui è derivata la lesione sia estranea alla funzionalità sportiva


Il principio ut supra riportato è stato statuito dalla Corte di Cassazione — con sentenza n. 4707 pubblicata il 15 febbraio 2023 — in una vicenda processuale con cui si è respinto il ricorso di un uomo che aveva riportato una invalidità permanente del 7% durante una lezione di allenamento di M.M.A. (Mixed Martial Arts), dopo essere stato colpito nelle parti basse con un colpo irregolare. Invero, si legge nella sentenza, “[…] nello sport caratterizzato dal contatto fisico e dall’uso di una quota di violenza, la violazione nel corso di attività di allenamento di una regola del regolamento sportivo non costituisce di per sé illecito civile in mancanza di altre circostanze rilevanti ai fini del carattere ingiustificato dell’azione dell’atleta”.


A sostegno di quanto asserito, i giudici della Suprema Corte hanno ricordato che nella pratica sportiva in generale, il ricorso alla violenza e nel caso in specie di violazione della regola sportiva, “[…] si traduce in illecito civile se è tale da non essere compatibile con le caratteristiche proprie del gioco nel contesto nel quale esso si svolge”. In altri termini, il quid pluris richiesto attiene all’eccedenza consistente nella “[…] rottura del confinamento dell’illecito nei margini della pratica sportiva perché l’azione si presenta come non funzionale allo scopo sportivo o comunque non compatibile con quest’ultimo”. Quanto illustrato trova applicazione anche nelle discipline sportive c.d. a violenza necessaria, “[…] perché anche in questo ambito non è predicabile la coincidenza mera di illecito sportivo ed illecito civile […] La presenza dell’illecito civile dipende anche in questa tipologia di attività sportiva da un esercizio sproporzionato della violenza, in violazione del parametro della diligenza e prudenza, avuto riguardo alle caratteristiche della disciplina ed al particolare contesto in cui si è svolta la specifica pratica sportiva”. 


Per quanto concerne la specifica questione dell’aver subito il danno durante un allenamento e non durante una competizione, gli ermellini hanno osservato che solo nell’ambito di una disciplina sportiva a contatto eventuale, la ricorrenza dell’allenamento dovrebbe ridurre l’agonismo, rendendo il contatto violento tendenzialmente meno giustificato. Negli sport da combattimento, invece, anche l’allenamento è connotato dal contatto fisico e dall’uso della forza e, pertanto, “[…] non può il mero dato dell’allenamento, in mancanza di altre circostanze qualificanti, deporre nel senso del carattere sproporzionato dell’uso della violenza del singolo episodio”. 


Per consultare la sentenza integrale CLICCA QUI.


Dott. Mario Piroli


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